L’associazione pacifista SCI (Servizio Civile Internazionale), in collaborazione con l’Anpi e ArteViva e il patrocinio del Comune, ha organizzato una serata per ricordare gli 80 anni della fine della Seconda guerra mondiale, con attenzione alla Resistenza e alle due bombe atomiche in Giappone. Coinvolte tutte le associazioni di Mirabella con alcuni studenti della scuola media ‘De Amicis’ ed emigrati, la serata è iniziata con un excursus storico dal 25 aprile all’8 settembre 1943, con la realtà degli internati militari (lettura di Salvatore Cremona, Filippo Bologna, Orazio Pesce, Nicholas Palacino).
L’intervento di Giuliana Buzzone, presidente della sezione Anpi ‘Angelo Aliotta’ di Caltagirone, ha evidenziato l’importanza della memoria da tramandare alle nuove generazioni e il lavoro di ricerca storica, così il numeroso pubblico presente in piazza Unità d’Italia ha potuto scoprire i nominativi di 6 partigiani mirabellesi non conosciuti. Commoventi gli interventi di Lucia Viola di Grammichele e i mirabellesi Pino D’Angelo e Silvana Di Dio che hanno ricordato genitori e zii partigiani (da soldato internato militare Vincenzo Di Dio riuscì a ritornare a casa alla fine della guerra e lo scorso dicembre la figlia Silvana coi fratelli ha ritirato la medaglia d’onore).
Testo della lettera di Pino D’Angelo
La mia famiglia è forse una delle poche famiglie italiane ad aver subito le più gravi perdite di vite umane durante l’ultima guerra degli anni Quaranta. A questa guerra presero parte tre dei miei familiari. Mio padre, Salvatore D’Angelo, con il fratello mio zio Peppino e l’altro mio zio, Salvatore Ribilotta, fratello di mia madre. Quindi mio padre e due figli. Alla fine della guerra mio padre non ritornò, risultò disperso in Croazia. Però durante la guerra mio padre venne in licenza a Mirabella per pochi giorni nei quali io fui concepito. Poi mio padre se ne andò, ma ritornò dopo circa un anno dalla Croazia e fu presente al momento della mia nascita.
Mio zio Peppino, il fratello di mio padre, si disse che morì in Russia. Mio zio Salvatore, fratello di mia madre, forse l’unico partigiano mirabellese, morì da eroe combattendo per la liberazione dell’Italia dai fascisti. Infatti, dopo qualche anno dalla fine della guerra, i miei nonni, cioè i genitori di mia madre, ricevettero dal Ministero le sue spoglie mortali con un plico contenente la medaglia al valor militare e un attestato degli ultimi momenti di vita impegnati in battaglia. Io ero un bambino e mi ricordo che mentre i miei nonni, dopo aver ricevuto le spoglie del loro figlio, piangevano, io incurante dell’accaduto o forse per allontanare quei tristi momenti, ricordo bene che giocavo e cantavo per le vie del paese mentre mia madre mi invitava a non cantare perché era morto lo zio. La lettera che accompagnava la medaglia e le reliquie della salma di mio zio l’ho imparata a memoria e recitava così:
Giovane partigiano, animato da profondo sentimento di patria, in ogni circostanza si distingueva per il senso del dovere e spirito di sacrificio, animato da una missione, ingaggiò battaglia contro il nemico e morì da eroe”.
Annitta Di Mineo ha presentato le lettere di alcuni partigiani condannati a morte che sono state lette da Giacomo Gentile, Giacomo Barbera, Paola Paneforte, Giusy Pappalardo, Silvana Di Dio, Giorgia Rasà, Pietro Aranzulla, Angela Terranova, Maria Grazia Turino, Serena Tigano, Romano Bellissima (“il valore della lettera del partigiano Pedro – lettera laica che non si rivolge al Signore o ai propri familiari ma ai suoi compagni del Partito d’Azione – sta proprio nella preoccupazione che ha per il domani, pensare alla pacificazione del popolo, perché lui è stato condannato da una guerra civile, una guerra fratricida tra italiani. Ecco perché solo la pace e la fratellanza possono far superare queste terribili azioni che abbiamo subito nella nostra storia”), invece Filippo Leonardi ha eseguito ‘La ballata dell’eroe’ di Luigi Tenco.
Su Hiroshima e Nagasaki Rosario Scollo ha parlato del SCI, del progetto Kaki di Nagasaki in Sicilia e del Nobel per la Pace 2024 assegnato a Nihon Hidankyo (Confederazione giapponese dei sopravvissuti alla bomba atomica), con poesie e testimonianze di Pasquale Nolfo (su Takashi Paolo Nagai, medico radiologo di cui è in corso la richiesta di apertura di una causa di beatificazione), Enzo Zito, Pino Missud, Alessandro Annaloro, Annitta Di Mineo, Iside Ragusa (Consulta giovanile di San Michele di Ganzaria), Paola Pagano, Beatrice Rinallo e Sofia Salonia con la lettura della riduzione di “C’è un albero in Giappone”, racconto per bambini su un kaki sopravvissuto alla bomba di Nagasaki.
Dispiace molto per l’anomala assenza di amministratori comunali e religiosi, segno di insensibilità sull’argomento (il vicesindaco è venuto dopo 70 minuti, mentre il 6 agosto don Marco Casella non ha voluto far suonare 43 rintocchi di campana alle 8,15 che rappresentano i secondi intercorsi tra lo sgancio e l’esplosione della bomba atomica di Hiroshima).
foto di Giacomo Barbera
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