
Il dovere della memoria ci impone di ricordare gli 80 anni delle due bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki perché rappresentano un dolore profondo per tutti noi (circa 210.000 morti e 400.000 esposti alle radiazioni).
In questi giorni diversi libri ci aiutano capire questa pagina di storia, a cominciare dal saggio “L’atomica e le responsabilità della scienza” (L’asino d’oro edizioni, pag. 168) del compianto giornalista scientifico Pietro Greco. L’autore ricostruisce sapientemente la storia che portò alla realizzazione della bomba e tutto inizia con la lettera del 2 agosto 1939 inviata dai fisici Szilard e Einstein al presidente americano Roosevelt (il timore era la possibilità che Hitler potesse avere la bomba, visto che otto mesi prima ci fu l’esperimento di fissione nucleare di Hahn e Strassmann), da cui partirà il famoso progetto Manhattan guidato dal fisico Oppenheimer. L’atomica avrebbe risparmiato la vita a molti soldati americani evitando una possibile invasione del Giappone per la sua resa, questa la motivazione degli americani che non convinse tanti fisici illustri e generò una riflessione sul rapporto tra scienza e morale che portò al Manifesto Russell-Einstein per il disarmo nucleare del 1955, oggi richiamato dal manifesto ‘Scienziati contro il riarmo’ del 9 marzo 2025.
Per conoscere la realtà delle vittime dell’atomica bisogna leggere lo straordinario reportage giornalistico di John Hersey “Hiroshima – il racconto di sei sopravvissuti” (Utet, pag. 192), in cui l’autore racconta doviziosamente e con una scrittura appassionata e coinvolgente le storie di Hatsuyo Nakamura, Toshiko Sasaki, dei medici Terufumi Sasaki e Masazaku Fujii, del gesuita tedesco Wilhelm Kleinsorge e del pastore metodista Kiyoshi Tanimoto nel momento dell’esplosione e nei giorni successivi, persone che poi vengono reincontrate a distanza di 40 anni per capire come erano cambiate le loro vite, vite in cui la fede e l’impegno lavorativo assumono un ruolo importante in favore della comunità di appartenenza e di chi aveva sofferto per le radiazioni della bomba, perché da testimoni di un immane tragedia quelle persone avevano capito quanto fosse importante la loro esistenza come strumento di speranza per gli altri e testimonianza per un futuro diverso.
Altra pubblicazione di rilievo per il suo valore testimoniale è il manga ‘Colpiti da una pioggia nera’ di Keiji Nakazawa (Coconino Press, pag. 380), 9 racconti brevi pubblicati su 4 riviste giapponesi tra il 1968 e il 1973 che per la prima volta vengono pubblicati in Italia grazie a Paolo La Marca, docente di lingua e letteratura giapponese all’università di Catania. Queste storie, toccanti e molto tristi, sono un ritratto straziante della scarsa considerazione e delle difficoltà che gli hibakusha (sopravvissuti alla bomba) trovavano nella società giapponese, persone che non avevano speranze nel domani e pensavano anche al suicidio, ma accanto all’odio iniziale per gli americani si fa strada una comprensione per le vittime dell’atomica, con un forte messaggio contro la guerra (postfazioni dello stesso autore – diventato famoso nel mondo per l’autobiografico ‘Gen di Hiroshima’ – e di La Marca e Vienna sui manga e la letteratura dedicati alla bomba). Lo scorso anno il premio Nobel per la Pace fu assegnato alla Nihon Hidankyō (Confederazione giapponese delle organizzazioni delle vittime della bomba atomica) e per il rappresentante Terumi Tanaka “le armi nucleari non possono e non devono coesistere con l’umanità”.
(articolo uscito anche su ‘La Sicilia’ di oggi)